Tecnicamente adesso (dal 1997) si chiama “esame di Stato conclusivo del corso di studio di istruzione secondaria superiore”, ma a noi piace di più continuare a chiamarla “maturità”.
In fondo è questo che dovrebbe essere: un’occasione per verificare quanto le lezioni, i libri, gli esercizi, le prove, le gite, i prof., le assemblee, i compagni di banco, le note sul registro e tutto il resto che è successo intorno, abbiano maturato, (accresciuto, addolcito, arrichito, realizzato…) quell’acerba matricola che qualche anno prima ha varcato timorosa e piena di speranze le porte della scuola.
Semmai si potrebbe discutere se una cosa del genere possa essere verificata e addirittura valutata in centesimi… ma non è questo il luogo per farlo.
Piuttosto pensiamo che la maturità sia una buona occasione per mettersi alla prova indipendentemente da commissioni e tabelloni, facendo qualcosa di sicuramente impegnativo, ma allo stesso tempo, e proprio per questo, interessante e stimolante. L’occasione per cercare e mostrare se stessi, innanzitutto a se stessi.
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